Dalla montagna alla tavola
Il Sapore Autentico del Territorio
“Il cuoco che esce dalla cucina e ti racconta non la tecnica che ha utilizzato per un piatto, ma da dove viene il prodotto, ti scombussola un po’ e, come minimo, genera nei suoi ospiti almeno qualche riflessione”. Per raccontarvi il Canavese eno-gastronomico prendiamo spunto dalle parole di un giovane chef delle valli del cuneese, Juri Chiotti.
La nostra cucina attinge, per quanto possibile, da materie prime locali di piccoli produttori agricoli, piccoli allevatori di bovini e suini: qui né l’agricoltura né l’allevamento sono intensivi.
Tome, tomini e burro tra tradizione e genuinità
Formaggi del Canavese: Saperi d’Alpe e di Pianura
Dagli alpeggi di montagna arrivano le tome, più o meno stagionate. Le mandrie partono dalla loro stalla ad inizio giugno e vi ritornano ad inizio ottobre: 4 mesi in cui i capi di bestiame brucano erbe che trovano in quota trasferendo nel latte sapori e profumi particolari. A questo si aggiunge la maestria di un affinatore della Valchiusella che sa rendere unica ogni forma e valorizzare ogni produttore.
Dagli allevamenti di pianura arriva, invece, il latte per fare i tradizionali tomini, freschi e cremosi, e il burro impiegato nella nostra pasticceria tipica che, ve ne accorgerete, non viene lesinato. Anche qualche formaggio di capra è presente sulle nostre tavole.
Tradizioni contadine da gustare
Ortaggi, farine e dolci tipici che raccontano il territorio
Gli ortaggi sono coltivati un po’ ovunque e alcuni sono proprio l’ingrediente base per i nostri piatti tipici: la bagna caoda, per esempio, che deve essere gustata con verdure crude e lessate, come cavoli, cavolfiori, finocchi, peperoni, patate, ciapinabò (topinambur); la tofeja, che utilizza i fagioli (quella originale utilizza la piattella canavesana di Cortereggio, presidio Slow Food); il capunet, che utilizza le foglie di cavolo verza per fare involtini con ripieno di carne (le verze migliori sono coltivate a Montalto Dora, dove a novembre si tiene anche una sagra dedicata).
Le farine prodotte sono prevalentemente di mais, delle varietà di Antichi Mais Piemontesi coltivati nelle campagne di pianura e macinate dai mulini locali: sono la base per cucinare la polenta, per produrre le gallette e le tipiche “paste ‘d melia”.
E’ con queste premesse che poi vi prendiamo per la gola, con i dolci, per esempio: Nocciolini di Chivasso, torcetti di Aglié, Torta 900 di Ivrea, canestrelli di Borgofranco, Montanaro e Tonengo di Mazzé, Biscotti della Duchessa di San Giorgio, amaretti morbidi di Castellamonte.
Sapori di lago, terra e cantina
Le Eccellenze del Canavese
Prima di passare ai vini, fondamentali per accompagnare ciò che abbiamo descritto fino ad ora, vi raccontiamo ancora qualcosa dei nostri pesci di acqua dolce, delle nostre carni e dei nostri insaccati.
Coregone del lago di Viverone, trote salmonate della Valle Orco sono gli ingredienti di piatti dai sapori delicati; carne bovina di razza piemontese per arrosti e brasati e, infine, il nostro “salampatata”: preferite una descrizione da manuale di cucina o volete iniziare ad immaginarvelo spalmato su crostini di pane caldo? o, dopo una leggera asciugatura, affettato su un tagliere? o, ancora, spezzettato in padella pronto per una frittata degna di una “marenda sinoira”? A voi la scelta!
Storie di Viti e Viticoltori
E ora, in alto i calici!
In fatto di vini, abbandonando per una volta la modestia che ci contraddistingue, non ci manca proprio nulla!
Abbiamo un bianco tra i più versatili d’Italia, l’Erbaluce, vitigno autoctono che viene vinificato fermo, spumante e passito. La sua storia affonda le radici addirittura nella leggenda della ninfa Albaluce ma, con meno poesia, le radici affondano invece in terreni dalla consistenza geologica complessa, frutto del grande Ghiacciaio Balteo che, sciogliendosi, ha portato qui gigantesche quantità di rocce e terra a composizione acida. Un vino per ogni occasione, la prima DOC a bacca bianca del Piemonte, ora DOCG.
Abbiamo il Carema, nato da uve nebbiolo “picotener”, altra DOC, anch’essa risalente al 1967.
Abbiamo Barbera e Nebbiolo in purezza, Canavese Rosso e poi piccole “chicche” preziose come il Neretto di San Giorgio.
un intreccio secolare
Storie di Viti e Viticoltori
Sulla viticoltura vorremmo raccontarvi tante cose: per esempio che la vite non si coltiva, ma si “alleva”, e già questo evoca la dedizione, l’amore, la passione dei viticoltori; per esempio che l’Erbaluce si sviluppa tradizionalmente a pergola, generando filari che sembrano gallerie, con grappoli che pendono rigogliosi e allungati (certo, le lavorazioni in vigna vengono fatte manualmente e i piccoli appezzamenti non potranno mai competere nell’economia globalizzata: ma chi ha mai detto che si debbono soltanto combattere guerre commerciali?).
Vorremmo raccontarvi che la pratica di appassimento delle uve Erbaluce richiedeva grandi spazi idonei, nei solai delle case, perciò si sovrapponevano a castello i graticci, a circa mezzo metro uno dall’altro; quale miglior modo, quindi, per un’evidente economia di gestione, se non quello di utilizzare gli stessi anche per l’allevamento dei bachi da seta? (ottobre-marzo per le uve, l’estate per i bachi): ecco perché le case di molti centri del Canavese (e Caluso ne è un esempio evidente), sono molto alte, logica conseguenza della sopraelevazione dei tetti fatta per creare solai alti e ben arieggiati.
Vigneti e Cantine: Esperienze da Gustare
Passeggiate, degustazioni e racconti lungo la Strada Reale dei Vini
Vorremmo raccontarvi della viticoltura eroica di Carema, fatta di piccoli appezzamenti di terreno ricavato a gradoni lungo le pendici della montagna attraverso una paziente e faticosa costruzione di muretti a secco; piccole vigne disposte anch’esse a pergola, sostenute da caratteristici piloni cilindrici costruiti con schegge di pietra e da pali e travature in legno: una tecnica antica, che consente di offrire la massima insolazione alla vite, accumulare calore durante il giorno e rilasciarlo di notte, quando le temperature di abbassano, per preservare dalle gelate tardive e aiutare la maturazione prima della vendemmia.
Immaginate quanta sapienza c’è da trasmettere: la cosa migliore è farsi raccontare queste cose dai protagonisti, lungo gli itinerari in Canavese della Strada Reale dei Vini Torinesi; andarli a trovare nelle loro cantine, fare una degustazione guidata, passeggiare tra i filari, sedersi su alcune delle Big Bench tra le vigne per apprezzare tutto ciò che poi trovate nel bicchiere che avete tra le mani.